L'interezza non è il mio forte

E' da una frase di Gaber che prende il nome "L'interezza non è il mio forte", associazione di teatro civile che nasce a Torino nel 2003 e debutta nell'aprile dello stesso anno con lo spettacolo "Io se fossi Gaber".

C'era da tempo, tra i fondatori della compagnia, l'idea che si potesse coniugare e fondere l'anima artistica con l'anima sociale, fare in modo che il teatro diventasse uno strumento per poter affrontare temi e contenuti che riguardavano la società, gli individui, il vivere insieme e il lottare per migliorare la propria vita e quella degli altri.

"Gaber era morto da pochi mesi", racconta Max, uno dei fondatori della compagnia, "stavamo studiando uno spettacolo su di lui dall'anno prima. Dopo la sua morte ci siamo frenati perché non volevamo finire nella mandria di avvoltoi che sfruttavano il momento, poi però ci siamo incazzati perché di Gaber si raccontava solo la parte più leggera, da italietta del boom, ed allora abbiamo deciso di farci avanti proponendo il Gaber politico, ispido, tagliente, che scruta dentro e non ti far dormire tranquillo. Cosa che continuiamo a fare da 10 anni".

Da allora Interezza ha messo in scena circa 35 titoli, per un totale di circa 700 repliche, raggruppati in progetti spettacolo diversi per tipologia e contenuto: dal femminile politico e sociale alla storia dei NoTav, dallo sguardo tagliente di Gaber a quello poetico ed irriverente di De Andrè, dai racconti della Diaz al G8 di Genova alle guasconerie cialtrone dei saltimbanchi che parlano di globalizzazione.
Gli spettacoli sono stati rappresentati in 11 regioni italiane, toccando 30 province e circa 120 città diverse.

Il teatro è arte sociale, civile, quella forma d'arte che si occupa e si preoccupa delle questioni degli uomini, portando sul palcoscenico frammenti di storia collettiva così come interrogativi attuali e quotidiani, non solo per raccontare fatti, ma per far riflettere nella direzione dell'impegno civile. Il teatro è, per Interezza, teatro civile.
L'associazione è composta oggi da 16 soci, provenienti da ambiti professionali molto diversi, dall'industria alla cooperazione, dalla psicologia alla grafica. C'è poi una nutrita schiera di sostenitori che a vario titolo e in diversa misura collaborano con l'associazione.

Interezza vive e si mantiene in vita grazie al lavoro volontario e quotidiano di tutti i soci che si occupano di curare e gestire sia gli aspetti tecnici e organizzativi che gli aspetti artistici. Ciascun socio, in virtù della sua "parzialità" non ha scelto il teatro come fonte di autosostentamento, ma ha un lavoro che gli consente di vivere e l'associazione come scelta di impegno civile. Non professionisti dunque, in quanto nessuno di loro sceglie il teatro come professione, ma nemmeno dilettanti, in quanto il teatro non può ridursi a semplice diletto. Teatranti passionali e appassionati, insomma, in compagnia teatrale pasionaria.
In un mondo che riconosce ancora nel denaro un mezzo indiscutibile di scambio, e avendo deciso di non far dipendere le sue scelte da contributi pubblici, Interezza chiede solo ciò che le serve per esistere e continuare ad agire: per gli spettacoli, un contributo per l'associazione e il rimborso delle spese di viaggio. Per i teatri, un biglietto d'ingresso che metta d'accordo lo spirito con le tasche. Anche nella gestione delle relazioni economiche c'è dunque una coerenza con i principi di base dell'associazione, che si muove spesso in circuiti di economia alternativa e non speculativa.

Portare sulla scena uno spettacolo significa per Interezza un lungo e articolato percorso che parte dallo studio e conoscenza del mondo, dalla scelta di un tema nodale e attuale di carattere umano, civile, politico, dal confronto interno e con interlocutori esterni - singoli, gruppi e movimenti - per arrivare alla nascita dell'idea e del testo, a volte scritto a più mani. Infine il complesso lavoro di rielaborazione artistica porta alla stesura della sceneggiatura.
Un percorso di ricerca approfondito, dunque, che vede l'intersecarsi e l'intervallarsi di diversi soci con differenti competenze tra loro. Solo quando la sceneggiatura è pronta ha inizio il lavoro teatrale, fatto di costruzione dei personaggi e di prove settimanali.

Hanno così visto la luce spettacoli come "Cronache di ValTav" e "Manganellum volant", incentrati sulle ragioni del movimento No Tav e sulle vicende cruciali che lo hanno riguardato, o "Storie di pirati", lettura sottile e pungente degli ultimi cinquant'anni di storia italiana.

Al 2004 risale il debutto di "femMina vagante", spettacolo intenso, frizzante e poetico, che mai scade nella retorica o nello sterile vittimismo, sul tema del femminile. Tema caro ad Interezza, quest'ultimo, che è diventato argomento centrale di numerosi altri spettacoli, quali quelli del progetto "archetipicamente Donna". Un femminile che deve necessariamente superare la distinzione uomo-donna, così come tutte quelle categorie ed etichette che non sono altro che il risultato del potere della cultura maschile separante. Nel 2011 ha visto la luce lo spettacolo "Lavori da donne", una commedia dal taglio brillante, incentrata sulla continua e attualissima regressione della condizione femminile in ambito lavorativo, politico, nella maternità, nella mercificazione del corpo nei mezzi di comunicazione. Una regressione di cui le donne hanno una loro specifica responsabilità.

Nel 2010 Interezza debutta con lo spettacolo "Non avevamo paura", una fiaba nera dai tratti marcati e taglienti che ripercorre la sanguinosa incursione della polizia alla scuola Diaz durante i giorni del G8 di Genova, mettendo in luce una strategia del terrore che si ripete ormai da anni, ovunque ci siano manifestazioni di dissenso al potere. Lo spettacolo, scritto con il contributo diretto di alcuni degli avvocati che difesero gli occupanti della scuola, tra cui Claudio Novaro, dopo essere stato rappresentato in diverse città italiane, tra cui Pisa e Milano, è approdato al Teatro Archivolto di Genova in occasione della ricorrenza del decennale del G8 genovese.

Altre tappe significative della produzione interezzosa sono "Una storia da non raccontare", sui protagonisti emarginati delle immortali canzoni di De Andrè, e "Che bella gente", spettacolo che affronta sensazioni malesseri e ritratti contemporanei attraverso il pensiero e il pungolo ispiratore di Gaber.
Di recente ha inoltre debuttato "Aspettando Godot", attualizzazione civile del testo di Beckett: i contenuti del teatro classico riacquisicono energia ed immediatezza, animando riflessioni attuali e vicine, tra crisi economica e immobili attese, tra paura del cambiamento e tentativi di fuga dalla realtà.

Nel 2012 debutta anche il nuovo capitolo del progetto Storie di Pirati, "Il Grand Guignol del millennio nuovo": su una nave all'ancora in qualche punto del mare i pirati riflettono di crisi, di recessione e di schiavitù da lavoro, cercando nuove soluzioni per ribellarsi al regime tecnocratico delle banche, che sparge il suo pesante odore persino attraverso l'oceano.

Oltre agli spettacoli di natura più strettamente teatrale, Interezza ha una ricca e vivace storia di spettacoli "di strada", portati in giro per l'Italia nelle situazioni e nei contesti più disparati: piazze, scuole, università, feste di paese, locali e centri culturali ma anche matrimoni, battesimi, convegni, presentazioni di libri, congressi medici, serate di dibattito. Ovunque ci fosse un interesse civile o un obiettivo politico a cui contribuire con lo sguardo ironico e scanzonato del saltimbanco.
A questa categoria di spettacoli di strada appartiene "Banda discordanti", spettacolo ironico musicale che porta in scena pezzi di memoria, di storia e di cultura con echi attuali, stuzzicanti e destabilizzanti. Particolare successo in relazione alla rinnovata e sempre più diffusa sensibilità per i beni comuni ha avuto "Turlupineries": una sgangherata carovana di saltimbanchi che con smorfie pittoresche, canzoni stravaganti e movenze giullaresche narra di acqua privatizzata, lavoro minorile, ritorno al nucleare. E poi ancora di ogm, paradisi fiscali e riforme dell'istruzione.

Insomma, con Interezza non si può certo star tranquilli. Scomodi, indefinibili e scomposti, i teatranti dell'Interezza non è il mio forte non sono mai uguali a se stessi: in continua ricerca di altre maschere da togliersi, di nuove sfumature completanti e compenetranti, di relazioni e percorsi comuni, attraversano con ironia il frazionamento schizoide di questi tempi. Perché ci saranno sempre delle sedie da far saltare: e quando il teatro civile esplode, chi lo guarda, fosse anche l'uomo più assopito del mondo, non può certo continuare a dormire.
D'altra parte, come recita una citazione di Jannacci cara ad Interezza, "se la vita non si inventa, se il teatro non si tenta, perché far tanto casino tanto poi saltimbanchi si muore".