presidio di resistenza culturale

 

 


circolo Arci
ingresso riservato
ai soci Arci


via Cigliano 7
Torino


accesso disabili

Rinascere come la Fenice

Metti che non sei riucito a passare nelle serate speciali.

Metti che ti senti un po' in colpa perchè negli ultimi anni hai frequentato davvero poco e abbandonato il Molo al suo destino....

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Ammainare la bandiera

Triste sì, perchè stavolta la primavera non ce la godremo nel cortile, come da anni a questa parte.

Il circolo Molo di Lilith chiude.

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Il Molo di Lilith, una storia da raccontare

Scena 1 – Maledetto iPhone
Io non ce l'ho, il navigatore in macchina. In compenso ho un'applicazione sullo smartphone

che utilizzo all'occorrenza e che dovrebbe condurmi a destinazione.

Dico dovrebbe perché il mio iPhone, miracolo della tecnica e imprescindibile status symbol, è eternamente giù di batteria.
Naturale che sia scarico anche ora (specialmente ora) che cerco questa strada che si chiama via Cigliano e che nessuno sembra conoscere, forse perché sta in un posto un po' strano di Torino, che si trova vicino ai palazzi del potere e ai quartieri della movida radicalalternativa ma che è come se stesse in un'altra città e in un altro tempo.

Scena 2 – Dove si incontrano i fiumi
Mi ricordo di aver letto sul sito del Molo di Lilith – che poi sarebbe il posto nel quale sto cercando di arrivare – che il circolo si trova vicino al punto nel quale la Dora Riparia si getta nel Po: quindi teoricamente devo andare dall'altra parte di corso Casale rispetto a quella in cui mi trovo, dove gli argini del fiume sono popolati da osterie circoli e bocciofile nelle quali il tempo pare essersi fermato, dove capita di mangiare (e bene) con una decina di euro e dove può succederti di tirare tardi discutendo di massimi sistemi con dei perfetti sconosciuti o cantando canzoni che mai più avresti pensato. Una Torino che c'è ancora e che a suo modo si ostina a resistere; una città figlia di quella delle trattorie operaie raccontate da Mario Soldati, che ci invitava ad allontanarci di poche centinaia di metri dalle vie del traffico, a scantonare nelle vie laterali per trovare luoghi dei quali ignoriamo l'esistenza: mondi intatti e quasi clandestini, nei quali la condivisione e la convivialità hanno ancora un significato. In fondo, è seguendo quell'esortazione che sto cercando il Molo.

Scena 3 – Il quartiere
Ci sono quasi, devo solo individuare la via. La zona si chiama Vanchiglietta e in pratica è una periferia del centro. Niente di esotico, intendiamoci: case basse, atmosfera tranquilla. Negozietti, un ufficio postale, gli spazi per il mercato rionale, la pista ciclabile lungo il fiume. Locali zero, giusto qualche trattoria e un paio di pizzerie. Si trova perfino parcheggio. Qui la filosofia dell'apericena e dell'etnolounge farebbe fatica ad attecchire: questa, almeno per un po' di tempo, è ancora zona franca. E appena arrivo al Molo di Lilith capisco perché non avrebbe potuto trovarsi altrove.

Scena 4 – Resistenza urbana, resistenza umana
Il circolo, che oggi apre ufficialmente i battenti, da fuori è una macchia rossa incastrata tra le case, perfettamente integrata a dispetto del colore. Dentro è un cortile ampio che ti fa pensare a sere d'estate, brusio, rumori di vino sbicchierato, candele; poi una sala accogliente, colori caldi alle pareti, armamentario da navigazione ovunque, un palco. Tutto progettato – anzi, sognato – finanziato e realizzato dal basso: qui dentro non trovi due tavoli o due sedie uguali nemmeno a pagarli, dal momento che tutto è stato recuperato con l'aiuto di una rete di sostenitori attiva e coinvolta. Riciclo, riuso, scambio, lavoro volontario: il Molo è concepito fin dal principio come uno spazio inclusivo, aperto ai contributi e alla partecipazione. Un luogo di crescita comune, dunque in tempi come questi un pezzo di resistenza urbana e soprattutto umana. Un posto semplicemente necessario, in una città che si pretende metropoli trendy e virtuosa ma che in realtà è dolorosamente ripiegata su sé stessa per via degli effetti di una crisi economica devastante e a causa di un appiattimento culturale che sa più di alienazione che di omologazione.

Scena 5 – Il teatro delle streghe
Per Claudia, Marta e Max – che amano definirsi streghe e che saranno le presenze fisse al circolo – il Molo è l'approdo naturale e la prosecuzione di un'esperienza di anni di teatro civile, passati a macinare chilometri e serate per portare in giro una lingua insubordinata e disobbediente, per raccontare gli ultimi e gli esclusi, per sbeffeggiare ogni potere. Con gli altri della compagnia, che si chiama l'Interezza non è il mio forte (sì, è da Gaber) hanno deciso di dare vita al progetto al fine di recuperare la funzione del circolo come luogo di sviluppo di idee e di sensibilità. Va da sé che in questo arte e cultura rivestono un ruolo centrale: quindi è in allestimento un cartellone spettacoli, realizzato anche in rete con altri spazi sociali del nordovest, che vedrà salire sul palco artisti liberi e disposti ad esibirsi a cappello. Il che è tutto dire, specie se si pensa che tra loro ci saranno anche nomi noti.

Scena 6 – Il vino è un pretesto (il cibo anche)
Da queste parti l'arte è sovversiva, dunque, come del resto lo sono il cibo e il vino: per come vengono realizzati, ma anche per come verranno proposti e consumati. Chilometro zero, filiera corta, produzioni naturali e artigianali, ma tutto senza pose e banalità: lo capisci per esempio dal fatto che al Molo, anche se Eataly è a un attimo, il vino è libero al punto da non avere spesso neanche l'etichetta. Quando c'è, bastano i nomi a spiegare tutto, dal Fol di Ezio Cerruti – impossibile da trovare altrove – ai vini di Crocizia, Carussin e Valli Unite. Cucina e vini sono così perché, neanche a dirlo, sono pensati come pretesto per la convivialità e la condivisione. Non è un caso se qui ti capita di sederti a mangiare vicino a qualcuno che non avevi mai incontrato prima e di cominciare a chiacchierare con lui senza difficoltà. Perché alla fine il Molo di Lilith vuole essere essenzialmente questo: un intreccio di storie e di racconti da raccogliere in un'esperienza comune.

Ultima scena – Scena 1
Le streghe aprono le porte, emozionate e commosse. E' un posto che se lo cerchi è meglio avere il navigatore, d'accordo, ma in fondo è meglio così: c'è bisogno di reimparare a orientarsi senza bussole, al di fuori dei sentieri e dalle rotte conosciute. Buon viaggio a Claudia, Marta e Max e a tutti quelli che hanno scelto e sceglieranno di scantonare dalle strade principali per cercare un altro pezzo della Torino che resiste, nel quale scrivere insieme a loro una storia nuova e collettiva.

Il Molo di Lilith - via Cigliano, 7 Torino

Marco Arturi

 

officinaenoica.org/2014/04/06/il-molo/

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